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Quel pasticciaccio brutto del Rondò dei Pini
di Franco Isman


Il giorno 4 maggio la commissione edilizia ha esaminato il nuovo progetto relativo al centro Rondò, ridisegnato dopo i rilievi della precedente commissione edilizia del maggio 2002 ed il conseguente rigetto da parte della nuova amministrazione nell'agosto del 2002, le trattative con il Comune, con la riduzione a 4 piani dell'edificio originariamente previsto di 10 piani, che non rispettava le prescritte distanze dai confini, e la conseguente diminuzione della volumetria di 36.000 metri cubi.

La commissione ha dato parere favorevole all'unanimità, esprimendo alcune prescrizioni secondo le richieste di ASL e ARPA e in linea con alcune verifiche effettuate dagli uffici comunali e dai relativi consulenti ma anche numerose “raccomandazioni” relative alle mitigazioni ambientali, alle funzionalità urbanistiche ed anche alle categorie merceologiche dell'iper mercato.
Il progetto aggiornato con questi ulteriori adempimenti potrà e dovrà a questo punto ottenere il permesso di costruire (la vecchia concessione edilizia).

Nelle fotografie dei plastici “prima” e “dopo la cura” qui riportati si vede il notevole miglioramento dovuto certamente alla riduzione di altezza di quella che era una torre ma, soprattutto, alla sparizione del monoblocco del Tribunale che, nelle scelte dell'amministrazione, rimarrà nella sua sede attuale di piazza Garibaldi integrata da nuovi uffici che saranno realizzati con il rifacimento del rudere di via Solera.

Un successo o un “calabrache” ?

da un intervento di Giuseppe Motta sul forum Monza-Piazza d'Uomo

Innanzi tutto teniamo ben presente che l' “Accordo di programma” con Regione, Demanio e Intendenza di Finanza, come pure la convenzione con gli enti privati per la costruzione della “Cittadella” al Rondò era stato ideato e portato a termine dalla precedente amministrazione Colombo, addirittura con una variante del piano regolatore Benevolo, contrastato al massimo dalle associazioni ecologiste e da tutta l'opposizione in consiglio comunale ed aveva portato all'uscita di Giampietro Mosca dalla giunta ed alla nascita del movimento Insieme per Monza che aveva riunito trasversalmente ambientalisti, commercianti e cittadini.
All'amministrazione Colombo quindi tutti i “meriti”.

Teniamo anche presente che l'argomento è stato uno dei cavalli di battaglia delle passate elezioni comunali, in particolare di Insieme per Monza, e che il programma elettorale di Michele Faglia sull'argomento recitava testualmente: “Riguardo al Centro Commerciale del Rondò si continuerà l'azione di contrasto già perseguita dalle forze di opposizione, da comitati di cittadini e dalle organizzazioni di categoria presenti in città, per ripristinare la continuità a verde verso il parco del Grugno Torto nei Comuni di Muggiò, Nova e Cinisello”. Non c'era, e non ci poteva naturalmente essere, un impegno assoluto a non lasciare costruire in quanto la situazione era gravemente compromessa dalle iniziative dell'amministrazione precedente.

Insieme per Monza è scontenta e amareggiata dalla situazione alla quale si è giunti in quanto ritiene che, da un certo momento in avanti, il contenzioso sia stato gestito in maniera centralistica e che non sia stato fatto tutto quanto possibile per arrivare ad una situazione migliore della attuale.
Fino a sei mesi fa sembrava si fosse in una botte di ferro, infatti il TAR aveva respinto la richiesta cautelativa dei privati di bocciare il provvedimento di rigetto del progetto da parte del Comune e, con un'altra ordinanza, aveva dichiarato decaduta la licenza commerciale che prendeva origine addirittura da un nullaosta del 1974.

Niente licenza commerciale e progetto edilizio bocciato.

Poi il primo ribaltamento: il Consiglio di Stato, ultimo organo di appello della giustizia amministrativa, rovesciava la sentenza del TAR e sanciva definitivamente la validità della licenza commerciale. Licenza nel frattempo scaduta ma il cui rinnovo era espressamente previsto dagli accordi.

Le società concessionarie presentavano un aggiornamento del progetto per rispondere alle obiezioni della commissione edilizia, alle conseguenti richieste del Collegio di vigilanza e ad un certo numero di prescrizioni ambientali: il progetto appunto con i 6 piani/36.000 metri cubi in meno.

E qui dobbiamo addentrarci nei meandri degli accordi e del contenzioso e ce ne scusiamo, chi non è interessato può saltare i paragrafi scritti in corpo più piccolo…

Sorgeva un nuovo contenzioso: il collegio di vigilanza composto da un rappresentante di ciascun ente, cui spetta l'applicazione dell'accordo di programma, decideva che… la variante non era una variante e quindi non necessitava di nessun parere preventivo. Un'assurdità: il Comune di Monza, che non era riuscito a far valere le proprie ragioni nel collegio, faceva ricorso al TAR contro gli altri enti, si inseriva il privato ed il TAR, in via cautelativa, dava ragione al Comune e sospendeva il provvedimento del collegio di vigilanza affermando come “la nuova soluzione progettuale necessiti di variante urbanistica ex art. 7 comma 10 L.R. n.23/1997”.

Nuovo passaggio al collegio di vigilanza che, preso atto dell'ordinanza del TAR, decideva che la variante rientrava nel comma A dell'art.22 – Varianti all'Accordo di programma, che assegna al Comune la competenza ad approvare la variante. Un altro errore, a giudizio di chi scrive, in quanto il riferimento di legge indicato nell'ordinanza del TAR rimandava alla competenza del Consiglio comunale. Ma questa volta il Comune abbozzava e non presentava un nuovo ricorso al TAR, ricorso che avrebbe probabilmente vinto.


E' chiaro che con l'obbligo dell'approvazione del consiglio comunale, l'amministrazione avrebbe potuto trattare con il privato da una posizione di forza ed ottenere delle contropartite, per esempio che la riduzione a quattro piani sia definitiva, con la rinuncia del privato al ricorso tuttora pendente al TAR. Ricorso che la logica vorrebbe che venga respinto in quanto la violazione alle norme urbanistiche, contestata dalla vecchia commissione edilizia, è chiara e non sanabile ma i procedimenti giudiziari non sono matematica e in futuro, speriamo di no, potrebbe anche tornare un'amministrazione amica del giaguaro.

Con l'accettazione della decisione del collegio di vigilanza ci ritroviamo invece nella attuale situazione con un permesso a costruire a questo punto dovuto e con la speranza che la riduzione di altezza sia poi confermata dai giudizi pendenti e che si riesca comunque a far rispettare al privato anche le “raccomandazioni” della commissione edilizia.

Insieme per Monza ha chiesto una verifica che riguardi l'intera politica urbanistica dell'amministrazione, sta infatti per venire al pettine l'analogo problema della Cascinazza, sulla cui soluzione peserà la prossima sentenza della Corte di appello, e non c'è unità di intenti nemmeno sul problema della demolizione delle vetuste sopraelevate, di cui l'amministrazione neppure ha chiesto l'abbattimento, come previsto dalla convenzione con l'Autodromo, e un ordine del giorno del consigliere Montalbano, capo gruppo dei DS, giace da mesi senza venire “calendarizzato” per la discussione in consiglio.

Nel frattempo è successo un fatto estremamente gravido di possibili conseguenze: due consiglieri comunali sono usciti dal gruppo di Insieme per Monza e, assieme ad un terzo consigliere che ha lasciato la lista Moccia, hanno formato un “gruppo misto”. In questo modo, nel caso Insieme per Monza dovesse opporsi a qualche delibera del consiglio su questi argomenti, l'amministrazione potrebbe sopravvivere con i voti di questo gruppo. Non si tratta in realtà di una decisione improvvisa in quanto erano molti mesi che serpeggiavano malumori e scontenti e cerchiamo quindi di non pensare male.

Franco Isman

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  12 maggio 2004